Le lavorazioni di pane e pasta rappresentano quei processi che conservano l’essenza dei riti dalla grande valenza simbolica e condivisa, capaci di definire precise fasi di vita o dell’anno.

Pane e pasta, ottenuti con lavoro e fatica, erano ovunque un bene raro e prezioso: se c’era il pane, c’era tutto; considerato cosa santa, si maneggiava con gran rispetto, era spesso usato per retribuire prestazioni di lavoro e costituiva segno di cortesia e ospitalità.

Il pane si offriva a chi si presentava in casa quando era stato appena sfornato e nell’aria sostava ancora la fragranza, e per un buon amico si potevano regalare due o tre pani di semola pintaos, oltre che la carne, come accadeva a Gavoi in occasione della festa di Sant’Antioco.

L’intero controllo e gestione dell’attività panificatorie era in mano alle donne: dalla preparazione del grano e della farina alla manipolazione della pasta, dal dosaggio di lievito e sale alla cottura; si doveva tener conto anche di caldo, freddo o umidità; qualità e quantità di legna da utilizzare, temperatura del forno, tempi di lievitazione e, talvolta, anche di influenze benefiche, prontamente favorite da segni, scongiuri e benedizioni.

La realizzazione del bene più prezioso delle tavole era un insieme di grandi e piccoli accorgimenti che hanno costituito per generazioni un immenso sapere, fonte di nutrimento e sostentamento.