Rimacinato di semola di grano duro, acqua, un pizzico di sale e una manipolazione continua sino a raggiungere la consistenza perfetta.

La lavorazione della pasta permette di creare i manicaretti più gustosi per grandi eventi o normale quotidianità: da attenti gesti prendono vita ravioli, di formaggio o ricotta, dolci e salati, sebadas, macarrones curtzos (gnocchetti) o pistizone, una sorta di fregula che veniva usata nella minestra.

Nell’infanzia di tanti gavoesi, quando si doveva cuprecàre, ovvero lavorare la pasta e il formaggio fresco per farne ravioli, era un grande evento. La preparazione coinvolgeva l’intera famiglia poiché dalla bravura di uomini e donne sarebbe dipeso il gustoso finale: mentre i primi preparavano e portavano in casa una grande forma di pecorino fresco, le seconde se ne prendevano cura per qualche giorno, tenendola al caldo.

Al momento giusto, sempre le donne, ne tagliavano un pezzo, lo accostavano al fuoco e se quello filava si poteva dare il via alle golose danze. Osservare il grado di filatura è il primo passo nella creazione del ripieno de sos culurzones de casu friscu, i ravioli di formaggio gavoesi. Quello successivo consiste nello sminuzzare in una casseruola l’intera forma, farla sciogliere al calore, amalgamarla con la farina per creare, infine, grandi pani che, una volta raffreddati, vengono tagliati in piccoli quadretti.

Ad avvolgere questo cuore di cacio, la delicata sfoglia che dava alla luce uno dei piatti più gustosi della tradizione, con l’immancabile spolverata di Fiore Sardo stagionato.