Il grande valore che la comunità di Gavoi dona alla festa di Sa Itria (ultima domenica di luglio) ha radici profonde: sarà per lo scenario, una rigenerante campagna condita di pietre millenarie e profumo di armidda, il timo selvatico; oppure per la storia, quella dell’antica civiltà sarda che si intreccia fortemente con quella più moderna o ancora, per la grande fede e la vitale voglia di convivialità.
I tanti anziani che nel corso degli anni hanno raccontato i momenti dedicati alla festa, la ricordano come un grande evento che permetteva l’incontro, la condivisione e lo scambio e che aveva il sapore della grande vacanza: erano numerosissime le famiglie che abitavano il santuario prima delle festa e continuavano a risiedervi anche dopo, approfittando della bella stagione.

Dopo le funzioni religiose e la giornata di lavoro, tutti si concedevano chiacchiere, balli e giochi di carte, prete compreso, in un’atmosfera intimamente familiare e di ospitalità non esibita.
Tanto di quest’aura si respira ancora oggi: c’è chi rispetta una propria promessa e percorre il tragitto dal paese al santuario a piedi; chi trascorre le giornate della festa abitando i muristenes e chi raggiunge il santuario dai paesi vicini. Per qualche giorno, inoltre, questo piccolo mondo si divide anche tra chi preferisce la novena del mattino e chi quella della sera; e qualsiasi sia la preferenza, un caffè o un dolcino offerti dal Comitato sono sempre pronti.
Nel corso degli anni sono cambiati tanti elementi ma una cosa è rimasta intatta: la stessa identica voglia di rincontrarsi, di condividere e di ballare assieme giganteschi (e polverosi) balli tondi.