Sa Itria, da Ogiditria, (“via della luce, guida della strada”), è considerata la protettrice dei pastori, i principali protagonisti della festa che si ritrovavano nel fresco dell’altipiano dopo aver svernato nei pascoli più miti delle pianure dell’Isola.

A loro è dedicata la ricorrenza che conserva tutti gli elementi del pastoralismo, dalla religiosità alla gastronomia passando per la cultura equestre. Proprio quest’ultima ha lasciato nella manifestazione la sua impronta maggiore, al pari della fede, tanto da far ricordare, ancora oggi, le prodezze, il coraggio e l’abilità dei cavallerizzi storici del paese.

Le origini del palio risalirebbero al 1388, anno in cui il sindaco della villa di Gavoi, Bernardus Lepore, partecipava in rappresentanza della curatoria della Barbagia di Ollolai, alla firma del trattato di pace fra Eleonora D’Arborea e Giovanni I d’Aragona. Il ruolo svolto dal mediatore gavoese portò all’ottenimento di alcune agevolazioni fiscali per Gavoi e i suoi zillonarjos e di un alto patronato in denaro da parte della Giudicessa per l’istituzione di una corsa di cavalli.

La cultura equestre ha segnato la storia di Gavoi: dai finimenti per cavalli forgiati da artigiani e fabbri e commerciati dai Zillonarjos in tutta l’Isola, ai destrieri allevati, passando per le tradizioni ippiche del paese che hanno varcato i confini comunali, continuando a lasciare il segno in più aspetti della vita sociale e comunitaria.

Senza dubbio su Palu costituisce il cuore di questo tratto, attestandosi come uno dei più importanti e storici appuntamenti del calendario delle manifestazioni ippiche isolane tanto da richiamare appassionati provenienti dall’intera isola, prima ancora che venissero istituiti ippodromi e galoppatoi e il calendario estivo si arricchisse dei tanti eventi legati alla cultura equestre.

“Ognuno aveva uno, due, tre cavalli e nella festa di Sa Itria si sfidavano nelle corse […] Il percorso era diverso: prima si partiva dal fiume di Pirastreddu e si arrivava al santuario, altre volte invece, si correva da Orgorui, al confine tra Gavoi, Mamoiada e Orgosolo.”

Rispetto a qualche decennio fa sono cambiati tanti elementi: l’antica mulattiera che definiva il percorso della corsa ha lasciato spazio a una pista circolare, agevole ma allo stesso tempo molto impegnativa, amata dagli appassionati del settore perché mette alla prova la qualità di fantini e destrieri; a dar prova del proprio coraggio non sono più i pastori ma i migliori professionisti delle corse al galoppo che si contendono un nutrito montepremi mentre un pubblico appassionato e attento affolla l’altipiano al tramonto.

La tradizione equestre contraddistingue anche le altre giornate della festa sino ad arrivare alla chiusura dei festeggiamenti sancita da Sa Ghirada dae Sa Itria, il rientro a cavallo dal santuario a Gavoi, dove decine di cavalieri, capeggiati dal parroco e dal presidente del Comitato, percorrono la strada dei novenanti di rientro dalla festa.